Basilica di San Mauro

La Basilica di San Mauro Abate sorge al centro di una delle piazze più antiche di Casoria. Le prime notizie sulla chiesa risalgono alla fine del XII Secolo (1092), anche se l’attuale struttura è stata costruita ai primi del Seicento e ultimata nel 1621.

Sulla destra possiamo osservare la torre campanaria che, nonostante il sorgere di numerosi palazzi, resta ancora uno dei luoghi più alti della città e domina il vecchio centro storico. Il campanile è semplice, in pietra di tufo a vista, così come appariva la chiesa fino a pochi secoli fa.

La grande facciata della chiesa è stata infatti costruita alla fine dell’800, ed è stata recentemente ristrutturata. Ha uno stile molto ricco, che richiama la ricchezza di decorazioni dell’interno, abbellito a più riprese nel corso dei secoli. Al centro della facciata, sopra la porta principale, si può notare lo stemma del Comune di Casoria. La chiesa di San Mauro fu infatti costruita per metà a spese del popolo, attraverso la “Universitas”, cioè il Comune dell’epoca. Il grande portale in bronzo è stato realizzato in occasione del Giubileo del 2000, a cui è ispirata la prima grande raffigurazione in alto. Le due porte, invece, sono decorate con scene di vita di Gesù (sinistra) e con episodi della vita di San Mauro (destra), con la raffigurazione del Santo Protettore che vola sulla città di Casoria.

L’interno della chiesa, a una sola navata, è dominato da un grandioso soffitto a cassettoni dorati, che colpisce immediatamente il visitatore. La straordinaria cornice in legno, realizzata tra Sei e Settecento, è un’opera di intaglio degli antichi “maestri d’ascia” casoriani, e testimonia una splendida tradizione artigianale e artistica andata perduta. Al centro del soffitto sono collocate tre grandi tele di Pietro di Martino, che ha lavorato a Casoria a cavallo tra Sei e Settecento. Le opere rappresentano episodi della vita di San Mauro; quella centrale, in particolare, è una caratteristica “Gloria”, con il Santo benedetto da Cristo, Spirito Santo e Padre Onnipotente. 

Lungo la grande navata si aprono dieci cappelle – cinque a destra e cinque a sinistra – che furono costruite nel Seicento dai nobili della città, per ospitare le tombe delle loro famiglie. Fino ai primi dell’Ottocento – quando nacquero i moderni cimiteri – i morti venivano infatti seppelliti in chiesa: quelli del popolo venivano ammassati in grandi fosse e ossari comuni, mentre le famiglie più ricche, che potevano permetterselo, si costruivano le loro cappelle. Tutte le cappelle della chiesa, ed anche la grande navata, hanno per questo una stanza sotterranea, un ipogeo che serviva per seppellire i morti. Le stanze sotterranee, alcune delle quali profonde fino a sei metri, sono delle cave di tufo, cioè dei pozzi da cui sono state estratte le pietre di tufo con cui è stata poi costruita la stessa chiesa.

Tra le cappelle, la più importante è certamente quella dedicata al Santo Patrono, che è la seconda sulla destra. San Mauro Abate fu il discepolo prediletto di San Benedetto, fondatore del primo ordine monastico dell’Occidente – quello di Montecassino – tra il V e il VI Secolo. A San Mauro è legata la fondazione stessa della città di Casoria, che sarebbe il territorio portato in dono dal suo ricco padre a San Benedetto. In fondo alla cappella è collocata una statua in legno del Seicento che raffigura il Santo Patrono. In occasione della festa, vengono esposti anche il prezioso busto d’argento di San Mauro e una teca, sempre d’argento, a forma di braccio, che conserva le sue reliquie.

La seconda cappella a sinistra ospita il Battistero del Settecento in marmi policromi che anticamente custodiva l’acqua santa per le celebrazioni. Qui fu battezzato nel 1814 anche il Beato Ludovico da Casoria, come ricorda la piccola lapide posta in cima al pilastro. Sulla mano destra, tra la quarta e la quinta cappella, si trova il pulpito del Settecento, una struttura a balconcino in marmo sostenuta da due colonne, dalla quale anticamente veniva annunciata la predica rivolta al popolo dei fedeli.

L’ultima cappella a sinistra è quella dell’organo, incorniciato da una grandiosa struttura in legno dorato, ancora una volta opera dei “maestri d’ascia” casoriani. L’organo a canne fu realizzato alla fine del Seicento e, completamente restaurato, accompagna con le sue note le celebrazioni più solenni. La cappella custodisce anche una delle opere d’arte più interessanti della chiesa, la grande pala lignea della Madonna di Monserrato, realizzata alla fine del Cinquecento dal pittore Giovan Vincenzo Forlì.

Il transetto della chiesa di San Mauro è sovrastato da una grandiosa cupola, e circondato da tre altari, abbelliti da tre grandi tele del pittore napoletano Domenico Antonio Vaccaro, del 1740. A destra, sono raffigurati in un’unica composizione i dogmi dell’Immacolata Concezione e del Santissimo Sacramento. A sinistra, invece, il tema del dipinto è la “visitazione”: la Vergine Maria che visita Santa Elisabetta.

L’altare maggiore, costruito in splendidi marmi policromi, è invece sovrastato dall’opera più importante, che raffigura San Mauro insieme a San Gennaro, e che attraverso i Santi Protettori rinsalda il legame del casale di Casoria con la Città di Napoli. Intorno all’abside, alle spalle dell’altare maggiore, corrono i banchi in legno del coro, che veniva anticamente utilizzato dai sacerdoti per cantare lodi e salmi. In questa chiesa, infatti, fin dal 1700 ha sede una congregazione di sacerdoti, la cosiddetta “Collegiata” o “Capitolo” di San Mauro.

Soffitto. Le storie di San Mauro

Il soffitto della Basilica di San Mauro è una straordinaria creazione artistica, realizzata in legno intagliato, interamente decorato in oro zecchino. Si tratta di un’opera particolarmente ricca e originale. Il soffitto, infatti, non ha la caratteristica suddivisione in cassettoni quadrati, ma si compone di grandiose zone, caratterizzate da elementi curvilinei e rettilinei, che inquadrano tre grandi tele, opera del pittore Pietro De Martino, allievo di Luca Giordano, che operò in Campania a cavallo tra Sei e Settecento. Di origini giuglianesi, De Martino si stabilì a Casoria, dove morì nel 1736. E secondo lo storico dell’arte napoletana Bernardo de Dominici, «la migliore di tutte le opere sue è stimata quella che fece in Casoria, casal di Napoli, per la Chiesa di San Mauro, ove effigiò il Santo portato in gloria da bellissimi angeli».

Nella metà inferiore, al centro della composizione della “Gloria di San Mauro”, è raffigurato il santo protettore, inginocchiato, circondato dagli angeli, uno dei quali gli regge il bastone pastorale, simbolo della dignità di abate. Alla sua sinistra c’è il  Cristo su una nuvola, con una pesante croce in spalla. In alto, su una grande nuvola dorata, c’è il Dio Padre Onnipotente e sotto di lui, al centro della metà superiore, la colomba dello Spirito Santo che discende su San Mauro. In alto a destra si intravedono tre santi benedettini, tra cui si riconosce certamente il fondatore Benedetto, con la barba, e forse San Brunone. Tutti i personaggi della metà superiore della composizione sono avvolti dalla luce mistiche emanata dall’Onnipotente e dallo Spirito Santo.

La prima tela, tra la grande “Gloria” e la cupola, raffigura “San Mauro che salva Placido dalle acque”, rappresentazione di  uno dei più famosi miracoli di San Mauro, raccontato da Papa Gregorio Magno nei suoi “Dialoghi”. Secondo la tradizione, Placido era l’altro giovane discepolo affidato a San Benedetto fin da bambino. Un giorno, mentre di trovava al lago per prendere l’acqua, fu trascinato dalla corrente. Il maestro Benedetto ordinò allora a Mauro di accorre in suo aiuto, e si verificò un fatto prodigioso. Mauro, che si precipitò ad aiutare il giovane compagno, senza accorgersene, camminò velocemente sulle acque, afferrandolo per i capelli e riportandolo a terra.

Lʼaltra tela, tra la “Gloria” e l’ingresso della chiesa, raffigura “San Mauro che guarisce un moribondo” e si riferisce certamente ad un miracolo del santo riportato dalla tradizione. La scena riprende infatti molto probabilmente un episodio raccontato nella “Vita Sancti Mauri” (IX Secolo) di Odone, abate del monastero francese di Glanfeuil. Nel loro lungo viaggio verso la Francia, Mauro e i suoi compagni furono ospitati da una vedova di nome Remeia, disperata per la malattia che consumava il suo unico figlio, ormai prossimo alla morte. Il santo ebbe pietà della povera donna e  raccomandò a Dio il giovane, che dopo due giorni si riprese. Il dipinto potrebbe rappresentare, però, anche un altro episodio, ambientato sempre nel corso del viaggio verso la Francia, reso molto popolare nel Settecento da uno storico vercellese. Giunti a Vercelli, infatti, uno dei compagni di viaggio, Arderato, sarebbe caduto da un’alta torre e Mauro l’avrebbe guarito, con le reliquie della Santa Croce.

Cappella di San Mauro

Tra le cappelle, la più importante è quella dedicata al Santo Patrono, la seconda sul lato destro della navata. San Mauro Abate fu il discepolo prediletto di San Benedetto, che tra il V e il VI Secolo che fondò a Montecassino il primo ordine monastico occidentale. A San Mauro è legata la leggenda della fondazione stessa di Casoria, che sarebbe il “Territorio Gentiano” portato in dono dal padre di Mauro a San Benedetto. Al di là della leggenda, però, secondo gli studi storici, l’introduzione del culto di San Mauro risale all’XI secolo, ed è legato al monastero benedettino di San Gregorio Armeno, di Napoli, che era proprietario di una grande masseria nel centro del casale di Casoria. La cappella fu fondata nel 1640 dal sacerdote e professore casoriano Giuseppe Zamparelli, che faceva parte del primo gruppo dei Padri “Scolopi”, fondati da San Giuseppe Calasanzio. All’ingresso della cappella, completamente restaurata ai primi dell’800, c`è una elegante balaustra di marmo, con un bel cancelletto in ottone.

All’ingresso della cappella, completamente restaurata ai primi dell’800, c`è una elegante balaustra di marmo, con un bel cancelletto in ottone. Nella nicchia in fondo, in alto, è collocata la seicentesca statua lignea di San Mauro, a figura intera. Sulla parete destra, invece, si può ammirare una tela del 1805 del pittore afragolese Angelo Mozzillo, in cui è raffigurata Sant`Anna con la Madonna bambina, e i Santi Mauro e Filippo Neri. La cappella ospita, inoltre, i monumenti funerari di tre illustri prelati casoriani. Il più imponente, entrando a sinistra, è quello del cardinale Luigi Maglione, che fu Segretario di Stato di Papa Pio XII negli anni della Seconda Guerra Mondiale. A seguire, c’è il monumento dell’Arcivescovo Antonio Del Giudice, Nunzio Apostolico in Sudamerica, in Corea e in Medio Oriente. E, di fronte, il monumento di Don Domenico Maglione, fratello maggiore del cardinale, che alla fine dell’Ottocento fu preposito di San Mauro e vicesindaco di Casoria.

Nella vicina cappella del Rosario si trova il monumento funerario di Donato Ferrara (†1637), Priore dell’Almo Collegio dei Dottori di Napoli, in pratica il rettore dell’antica università che conferiva il “privilegio”, ovvero la laurea, che abilitava all’esercizio della professione medica in tutto il regno, legata all’amministrazione vicereale. Il Ferrara fu anche sindaco di Casoria e poi “eletto” (cioè assessore) dell’Universitas, trattando insieme al sindaco Giovanni Pisa la questione del riscatto feudale, nel 1630).

Pulpito

Tra la quarta e la quinta cappella del lato destro della navata, quasi di fronte all’organo, si innalza il settecentesco pulpito, il balconcino dal quale anticamente si affacciavano i sacerdoti per proclamare il Vangelo e per pronunciare le “prediche” rivolte ai fedeli. Per accedere al pulpito, bisogna salire una stretta scaletta ricavata all’interno del pilastro tra le sue cappelle. Il balconcino, a forma di coppa, è stato ricavato da un unico blocco di marmo, scolpito e intarsiato con altri marmi colorati. Anche se non conosciamo l’identità dell’autore, si tratta certamente di un’opera d’arte di un “maestro marmoraro” napoletano. Il pulpito è sormontato da un baldacchino di legno, dipinto e intagliato, decorato in “finto marmo”. La struttura, che minacciava di crollare, nel 1802 fu puntellata da due eleganti colonnine in marmo nero, in stile ionico.

Organo

Il seicentesco organo a canne della basilica di San Mauro è ancora perfettamente funzionante. È un prezioso strumento musicale, che in un certo senso ci fa sentire la “voce” della storia, facendoci rivivere, con le sue note, l’atmosfera dei secoli passati. Fu costruito, infatti, nel 1690 dalla “Universitas” di Casoria, ovvero l’antico Comune.

Lo strumento musicale vero e proprio è composto da 753 canne, in metallo e in legno. Fu restaurato una prima volta a metà dell’Ottocento dall’«organaro» napoletano Domenico Petillo. E più recentemente, dopo i gravi danni causati dal terremoto del 1980, è stato riportato all’antico splendore nel 1994 dalla Fabbrica Artigiana “Michelotto” di Padova.

La struttura, interamente di legno intagliato e decorato, è una vera e propria opera d’arte. Quattro possenti pilastri sostengono il balcone della “cantoria”, su cui è sistemata la grande cassa armonica che racchiude le canne. La struttura, riccamente intagliata con forme barocche, è decorata in argento “meccato”, ovvero con foglie d’argento ossidate in modo da dare l’effetto di una doratura. In cima, sopra il timpano ricurvo, due angeli sorreggono lo stemma di Casoria.

Madonna di Monserrato

La cappella dell’organo custodisce una delle opere più importanti della basilica di San Mauro: la pala della Madonna di Monserrato, dipinta da Giovan Vincenzo DʼOnofrio, pittore napoletano di origini molisane, detto “Forlì” dal nome del piccolo paese di nascita, Forlì del Sannio. Il culto della Madonna di Monserrato, molto popolare nella Napoli spagnola, è legato alla scultura lignea della “Vergine Moreneta”, antica rappresentazione del XII Secolo, in stile romanico, della “madonna nera”, custodita nel Monastero di Montserrat, in Catalogna. L’opera di Casoria, dipinta su una grande tavola di legno, fu commissionata nel febbraio del 1600 da Cesare Valentino, probabilmente ricco commerciante del paese. Doveva adonare la cappella di famiglia che si trovava nell’antica chiesa di San Mauro, ma fu poi spostata nella nuova chiesa, iniziata nel 1606. La composizione del dipinto è piuttosto tradizionale e ricalca uno schema molto diffuso nella pittura napoletana dell’epoca. In alto, al centro, c’è la Madonna di Monserrato col Bambino, seduta sulle nuvole e circondata da testoline di angeli. Il Bambino impugna una sega, riferimento al monte “serratus”, cioè segato, località in cui fiorì il culto mariano. Sotto, a sinistra, sono dipinti a figura intera san Francesco dʼAssisi e san Giovanni Battista, nella loro tradizionale iconografia. A destra, invece, ci sono sant’Antonio di Padova, con il giglio in mano, e un’altra di figura che regge una palma, simbolo del martirio; Cesare Valentino aveva chiesto di rappresentare santa Caterina d’Alessandria, ma l’iconografia del personaggio raffigurato è molto più simile a quella di san Pancrazio. In basso, infine, sono ritratti, in preghiera, lo stesso Valentino, insieme alla moglie e un nipote, che chiedono la protezione della Vergine, o forse la ringraziano per una grazia ricevuta. Sullo sfondo è rappresentato, molto idealmente, un paesaggio con la montagna di Montserrat e il convento benedettino in cui si conserva la “Vergine Moreneta”, importante meta di pellegrinaggio spagnola.

La cupola

L’imponente cupola della basilica di San Mauro, alta 40 metri e interamente coperta da lastre di piombo, fu ultimata nel 1680. Riceve la luce per l’intera giornata, dalle otto finestre disposte a cerchio, ed è l’asse centrale intorno al quale si raggruppa e converge tutto lo spazio interno della chiesa. La cupola è sorretta da quattro imponenti pilastri, sui quali si innestano quattro agili e potenti archi. Nelle nicchie dei massicci pilastri, sono collocate quattro statue del Settecento, che raffigurano le virtù cardinali. Salendo con lo sguardo, nei cosiddetti “pennacchi”, ovvero negli spazi ai lati degli archi, sono affrescati con colori vivaci i quattro evangelisti. Le snelle lesene che separano le finestre guidano lo sguardo verso l’alto, dove le decorazioni seguono le linee degli “spicchi” della cupola, fino a congiungersi, nel centro, in una colomba che simboleggia, ovviamente, lo Spirito Santo.

Le tele di D. A. Vaccaro

Gli altari principali della basilica di San Mauro, l’altare maggiore e quelli laterali del transetto, sono sovrastati da tre tele del pittore Domenico Antonio Vaccaro, figlio del famoso scultore Lorenzo Vaccaro, attivo a Napoli a metà del Settecento.

La “Madonna con il Bambino tra san Mauro e san Gennaro” è la grande tela collocata nel coro dietro l’altare maggiore, inquadrata in uno splendido panneggio, in gesso, con due angeli che lo sorreggono, opera dello stesso Vaccaro. L’opera, databile agli anni 1735-40, compare nei documenti dell’artista come «cona dell’altare maggiore del Duomo di San Mauro in Casoria». Raffigura la Vergine, attorniata da un gruppo di angeli e cherubini, seduta su una nuvola con il Bambino in piedi poggiato sulla sua gamba. Più in basso, alla sua destra, c’è San Gennaro con il manto vescovile di colore giallo, genuflesso. Davanti a lui, un angelo reca le ampolle del suo miracoloso sangue. A sinistra, invece, c’è San Mauro, sempre genuflesso, in abito monacale, con un manto rosso e il pastorale di abate. Sul fondo del dipinto, sotto le nuvole, si apre uno squarcio in cui è raffigurata una veduta dell’epoca della Chiesa di San Mauro.

La bella opera del Vaccaro aveva un preciso significato, non solo religioso. Doveva infatti celebrare il forte rapporto stretto tra Casoria e Napoli, “benedetto” dai due protettori, San Mauro e San Gennaro. A commissionare l’opera fu la “Collegiata” di San Mauro, la congregazione di venti sacerdoti istituita ufficialmente nel 1700, e presieduta da un “preposito”. Detta anche “Capitolo di San Mauro”, questa istituzione, ancora oggi esistente, aveva il compito di solennizzare le celebrazioni attraverso il canto e promuovere il culto religioso. E, anticamente, assistere anche la cittadinanza nei servizi funebri.

Nel transetto sinistro è collocata la tela della “Visitazione”, firmata e datata 1740. Domenico Antonio Vaccaro propone, in quest’opera, un popolare tema mariano: la visita di Maria alla cugina Elisabetta, raccontata nel Vangelo di Luca. Accompagnata da Giuseppe, Maria viene accolta sui gradini di casa da Elisabetta, che è incinta di Giovanni Battista, nonostante l’età avanzata. In basso a sinistra, con le braccia aperte in segno di accoglienza, c’è l’anziano marito Zaccaria, sacerdote del Tempio. Mentre, in alto, Dio Padre Onnipotente, circondato da angeli e cherubini, benedice l’incontro.

Nel transetto destro è collocata la tela della “Immacolata”, firmata e datata 1741. Tema della composizione è l’Immacolata Concezione di Maria, rappresentata secondo l’iconografia tradizionale dell’epoca. La Vergine è circondata dagli angeli, che recano una serie di simboli mariani. Alcuni sono ripresi dal “Cantico dei cantici”, come la palma e il giglio. Lo “specchio senza macchia”, invece, è citato nel Libro della Sapienza. Mentre altri elementi sono ripresi dall’Apocalisse: la luna sotto i suoi piedi e le dodici stelle che le coronano la testa, nonché il serpente di cui schiaccia la testa, che assomiglia ad un drago. Molto curiosamente, nella parte alta della composizione, in cui è raffigurata la Trinità, al Padre Onnipotente e alla colomba dello Spirito Santo, non si affianca Gesù Cristo, ma la sua personificazione nella Santa Eucarestia, racchiusa in un artistico ostensorio sostenuto da un angelo.

Altare Maggiore

L’imponente e solenne altare maggiore della basilica di San Mauro è una pregevolissima testimonianza artistica del Settecento. Fu commissionato nel 1753 dal preposito Tommaso Galluccio, e poi restaurato nel 1994, a seguito dei danni e dei furti subiti nel periodo del terremoto del 1980.L’altare, realizzato in preziosi marmi policromi, fu realizzato dal “maestro marmoraro” Gennaro de Martino, artista napoletano molto apprezzato a metà del Settecento. L’area del “presbiterio”, che ospita l’altare, è preceduta da una balaustra in marmo, composta da otto eleganti transenne traforate e intarsiate, intervallate da pilastrini. Dietro l’altare, l’abside è circondato invece da un coro, con stalli in legno di noce, che ospitavano i sacerdoti della “Collegiata”: i “canonici” presieduti dal “Preposito” e gli “ebdomadari”, che sedevano invece nella fila inferiore. Lʼaltare è diviso in due ordini dalla mensa, nella quale sono contenute le reliquie dei santi martiri Onorato e Sebastiano. L’ordine inferiore è dominato da un paliotto in marmi colorati intarsiati, al centro del quale è raffigurata la scena di San Mauro che salva Placido dalle acque, afferrandolo per i capelli. Nella parte superiore, invece, l’elemento centrale è il tabernacolo, inquadrato da una coppia di pilastrini e sormontato da tre teste di puttini, scolpiti in altorilievo. Sopra, una scultura quasi a tutto tondo raffigura una colomba, simbolo ovviamente della Spirito Santo.

La leggenda delle reliquie

Tra gli affreschi dell’abside, realizzati nell’Ottocento, il più pregevole e importante è  certamente quello che decora la grande volta. Di autore ignoto, il dipinto raffigura l’arrivo delle reliquie di San Mauro a Casoria, riprendendo un racconto molto vivo della tradizione popolare.

Alla “traslazione delle reliquie”, infatti, è dedicata la festa estiva di San Mauro, che si svolge nella seconda domenica di luglio. Secondo la tradizione, le reliquie del Santo Protettore giunsero a Casoria in modo eccezionale, se non miracoloso. Un giorno, il cavallo di un “capitano francese” si sarebbe fermato davanti alla chiesa, restando immobile, in mezzo alla folla incuriosita. Il cavallo sarebbe poi ripartito solo quando il capitano consegnò al parroco una reliquia di San Mauro che portava con sé.

La leggenda popolare potrebbe avere qualche legame con la spedizione francese del Conte di Lautrec, che nel 1528 fece effettivamente tappa a Casoria, e si accampò nelle campagne tra Arpino e Poggioreale. L’intero esercito fu decimato dalla peste, compreso lo stesso capitano, e furono tutti sepolti nella “Grotta degli Sportiglioni”, nella frazione di Arpino.