Beata Maria
Luigia Velotti

Maria Velotti nacque a Soccavo il 16 novembre 1826 e fu battezzata lo stesso giorno nella chiesa dei Santi Pietro e Paolo.
A due anni e mezzo rimase orfana di entrambi i genitori, Francesco e Teresa Napolitano, semplici e onesti lavoratori profondamente religiosi. Si trasferì così a Sirico, vicino Nola, dove la zia materna Caterina si prese cura della sua prima educazione, dandole una solida formazione religiosa e un’istruzione elementare di tipo domestico, unica possibilità nei paesi di campagna, mancando ancora le scuole pubbliche. La zia, nubile,
si affezionò molto alla piccola Maria, che cresceva ubbidiente e devota, tanto da prometterle in eredità una camera e mezzo moggio di terra; promessa che scatenò la gelosia degli altri nipoti; che, per vendicarsi, cominciarono a metterla in cattiva luce, con ingiuste accuse. La zia Caterina, donna semplice ma di «mente ottusa» cambiò così atteggiamento nei confronti di Mariella – come veniva chiamata la bambina – maltrattandola e facendola lavorare da mattina a sera, negandole il necessario; costringendola a camminare scalza per strada, anche per raggiungere la chiesa, abbastanza distante da casa. Maria pregava di notte nello scantinato buio; e quando rimaneva chiusa in casa si appartava in una stanza per cantare innanzi a una statua di Gesù Bambino, provocando l’ira della zia, informata dai vicini pettegoli. Tutto il paese sapeva dei maltrattamenti, e quando la zia Caterina la cacciò di casa, Maria fu accolta da una famiglia di vicini – Lorenzo Sabatino e Giuseppa Tuzzolo –

Lorenzo Sabatino e Giuseppa Tuzzolo – che non avevano figli e le si affezionarono profondamente. A ventitré anni, attraverso un frate francescano che girava per Sirico, incontrò p. Filippo Antonio da Domicella, del convento di S. Michele Arcangelo di Nola, che divenne suo confessore, e fu il principale testimone della sua vita. Guidata da padre Filippo, Maria intraprese il cammino spirituale che la condusse a vestire l’abito francescano nella chiesa del convento di S. Giovanni Evangelista a Taurano,
il 2 febbraio 1853, col nome di suor Maria Luigia Pasquale del SS. Sacramento. In quegli anni cominciarono a manifestarsi anche i primi malanni, accolti con forte spirito e offerti a Dio.
Continuò a vivere in casa dei coniugi Sabatino, dedita alla preghiera, uscendo solo per andare in chiesa. Il 22 febbraio 1854 professò la Regola del Terz’Ordine di San Francesco detto “dei penitenti”, e non addicendosi più a una religiosa vivere in casa,
alla fine di luglio del 1854 il padre spirituale la inviò in un Ritiro a Capodimonte, dove fu accolta da madre Maria Michela Russo.
Già dal 1853, suor Maria Luigia fu protagonista di singolari fenomeni: visioni di Gesù in croce, della Madonna e di S. Francesco; estasi mistiche e vessazioni demoniache, con dolori che la straziavano, fino a ridurla immobile a letto per lunghi giorni. Un evento particolare si verificò il 13 aprile 1854, nella chiesa di S. Giovanni a Taurano, quando venne trovata nella nicchia della statua di S. Francesco, col vetro davanti ermeticamente chiuso.

Con spirito di carità estrema, pregava il Signore di passarle le sofferenze degli ammalati che le si rivolgevano, e predisse che un giorno il suo corpo si sarebbe rimpicciolito con un ammasso di dolori. Crescendo la sua fama di santità, molti fedeli accorsero a Capodimonte per chiederle preghiere; e persino l’arcivescovo di Napoli, card. Sisto Riario Sforza, andò più volte a trovarla. Suor Maria Luigia chiese alle suore con cui viveva di lasciare tutto, ma madre Maria Michela, proprietaria del Ritiro, non accettò di versare i suoi beni alla comunità, aprendo un doloroso dissidio. Nel 1867 il Ritiro fu comunque chiuso nel clima anticlericale di quegli anni, sfociato nelle dure misure per la soppressione degli istituti religiosi e l’incameramento dei beni da parte dello Stato. Suor Maria Luigia, gravemente ammalata, fu accolta dalle suore Teresiane di Mater Dei, a Napoli, accompagnata dalla sua fama e dalle sue virtù.

Qui incontrò Eletta Albini, vedova di nobile famiglia napoletana, che faceva vita monacale senza aver indossato l’abito, sempre a causa del clima di quegli anni. Conquistata dalla sua spiritualità, la Albini sostenne il progetto di suor Maria Luigia, di istituire una congregazione religiosa dedita all’adorazione della Croce. Insieme, quattro anni dopo lasciarono le Teresiane e affittarono una casa a Miano, dove vissero per diciotto mesi come eremite. Divenuta terziaria francescana col nome di Maria Francesca, nel 1875 la Albini si stabilì con suor Maria Luigia nel palazzo Melillo in largo S. Gennariello a Mater Dei, dove nel 1878 nacque la prima comunità delle Adoratrici della Croce, che comprendeva altre cinque suore e sei postulanti. La nuova comunità fu approvata dall’arcivescovo di Napoli Riario Sforza e dal Ministro Generale dei Frati Minori, p. Bernardino da Portogruaro; e nel giro di sei anni riuscì ad aggregare molte nuove suore, tanto che la sede divenne insufficiente e nel 1884 dovettero trasferirsi a Casoria, in una nuova casa intitolata Ritiro di S. Maria.

L’acquisto della casa di Casoria non fu semplice, perché sulla struttura, confinante con la “Casa natale” di padre Ludovico, aveva puntato l’attenzione anche il superiore dei Frati Bigi
p. Buonaventura Maresca, per ospitare le fanciulle povere e le suore Elisabettine. I proprietari dello stabile, gli eredi Fasciglione – per l’intervento del francescano p. Antonio Casolaro – preferirono però, infine, venderlo alle Suore Adoratrici della Croce; alle quali donarono poi il ricavato, per le orfanelle che avrebbero ospitato. Le suore aprirono anche una scuola per le ragazze esterne di Casoria, e la fama di santità di suor Maria Luigia attirò molti fedeli in cerca di conforto e di preghiere. In quegli anni ebbe la possibilità di conoscere e di incontrare, oltre a p. Ludovico (scomparso nel 1885) e Caterina Volpicelli (fondatrice delle Ancelle del Sacro Cuore), anche Giulia Salzano e Cristina Brando, che operavano a Casoria.

La sua salute già precaria, tuttavia, si aggravò tanto che fu costretta sulla sedia a rotelle, paralizzata. Tra il 1885 il 1886 la regola della congregazione fu approvata. Ma già nel gennaio dell’86 le sue condizioni fisiche si aggravarono: per la polmonite acuta che la affliggeva, secondo i medici, era un miracolo che fosse ancora viva. Superata la crisi, dopo lunghe sofferenze, non ancora sessantenne, spirò alle 9 del mattino del 3 settembre 1886. Dopo i solenni funerali, la sua salma fu tumulata nel locale cimitero; per essere poi traslata nel 1926 nella cappella della Casa madre.

Per verificare la fama di santità di cui godeva in vita, fu avviata subito la causa di beatificazione. Tra il 1927 e il ’34 furono raccolti i materiali del “processo informativo” sull’eroicità delle virtù. Il relativo decreto di convalida, con una inchiesta suppletiva, è stato promulgato solo il 14 dicembre 2007; e tre anni dopo, la Positio super virtutibus è stata inviata alla Congregazione vaticana per le Cause dei Santi. Dopo il parere favorevole dei consultori storici (2011) e teologici (2014) sulla eroicità delle virtù, il 21 gennaio 2016 papa Francesco l’ha dichiarata “Venerabile”, e il 26 settembre 2020 è stata infine celebrata, presso il Duomo di Napoli, la beatificazione di Maria Luigia Velotti.